
Il CGA per la Regione Siciliana amplia la nozione di “ristrutturazione edilizia” (art. 3, co. 1, lett. d), D.P.R. n.380/2001).
Commento alla sentenza n.422/2025 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana.
di REBECCA BRIGNANI.
La sentenza n.422/2025 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana si esprime sulla nozione di ristrutturazione edilizia di cui all’art.3, comma 1, lett. d), D.P.R. n.380/2001 (a fronte della modifica apportata nel 2020), fornendo un’interpretazione che reca significativi elementi di novità.
Ad avviso del Collegio, “occorre superare le tradizionali concezioni dell’istituto in esame”, formatesi con riferimento a formulazioni normative pregresse e oggi superate dal nuovo testo come modificato dall’art.10, comma 1, lett. b), D.L. n.76/2020 convertito con correttivi dalla L. n.120/2020.
In particolare, il CGA richiama il precedente orientamento giurisprudenziale, per cui “la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non coincidere con la nuova costruzione, doveva … conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente e, quindi, l’identità della complessiva volumetria del fabbricato, e la copertura dell’area di sedime, senza alcuna variazione rispetto all’originario edificio (Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 18 novembre 2014, n. 5662)”.
Il Collegio giudicante sostiene che, a valle della modifica normativa introdotta nel 2020, sia emersa la volontà del legislatore di non vincolare la ristrutturazione edilizia ai precedenti e rigidi requisiti di “certa continuità” che la giurisprudenza amministrativa richiedeva, in applicazione del tenore letterale che la caratterizzava, nei termini di conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente.
Al riguardo, le statuizioni del CGA si pongono in discontinuità con quelle pregresse specie del Consiglio di Stato: “dopo le innovazioni apportate all’art. 3, co. 1, lett. d), D.P.R. n. 380/2001 dall’art. 10, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76” la nozione di ristrutturazione edilizia “è stata notevolmente ampliata, non postulando più il rispetto di tutti quei parametri originariamente ritenuti essenziali per la sua configurabilità. La norma, infatti, adesso include nella ristrutturazione edile anche la demolizione e ricostruzione di edifici esistenti ‘con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico’. Deve, dunque, concepirsi adesso la ristrutturazione edile secondo la rinnovata ottica desumibile dal tenore testuale della disposizione in esame volta a non vincolarla ai precedenti requisiti presupponenti una rigida ‘continuità’ tra le caratteristiche strutturali dell’immobile preesistente e quelle del manufatto da realizzare, ivi inclusa l’area di edificazione”.
Con specifico riguardo alla fattispecie oggetto di giudizio, il Collegio evidenzia quindi come la demolizione e ricostruzione del pregresso edificio su un lotto differente da quello originario, possa ritenersi rientrare nella nozione di ristrutturazione come modificata con la novella del 2020. La nuova formulazione, difatti, richiama un concetto di sedime molto generico, privo di specificazioni, e in quanto tale non sottoponibile ad un’interpretazione che lo limiti all’ambito perimetrale di un determinato lotto: “poiché il legislatore si è limitato soltanto ad ammettere la ristrutturazione anche in caso di ricostruzione di un manufatto preesistente su un diverso ‘sedime’, ossia su un’area diversa da quella originariamente occupata dal manufatto da demolire e ricostruire, deve ritenersi possibile, in assenza di specifiche indicazioni contrarie, siffatta attività edificatoria anche mediante l’utilizzo di un’area diversa, anche se appartenente ad un altro lotto”.
Pertanto, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana -diversamente dall’interpretazione fornita in primo grado dal TAR Sicilia-Palermo nella sentenza n.2409/2023- ha richiamato nell’ambito applicativo della norma sopra menzionata anche gli interventi di ricostruzione che non interessano il medesimo lotto ove sia avvenuta la demolizione dell’edificio preesistente, precisando che, restano pur sempre subordinati al rispetto delle capacità proprie del diverso lotto e salva la possibilità di ricorrere alla cessione di cubatura.
L’intendimento del Collegio di discostarsi dal pregresso orientamento è ulteriormente esplicitato nella sentenza: “d’altra parte, in tal senso depone il novero degli elementi di novità che possono contraddistinguere l’edificio ristrutturato, potendo, invero, quest’ultimo differire da quello originario per sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, al punto da potersi desumere la volontà del legislatore di superare quell’originaria relazione di continuità strutturale che doveva necessariamente contraddistinguere l’immobile ricostruito rispetto a quello demolito. Né, peraltro, può ritenersi che la nuova concezione della ristrutturazione edile implichi “consumo di nuovo suolo”, poiché la scelta di ricostruire altrove presuppone pur sempre la necessità di demolire da un’altra parte e, pertanto, postula un bilanciamento tra l’edificio da realizzare e quello da eliminare”.