Sulla nozione giuridica di <<centro abitato>>: la pronuncia n.2798/2024 del Consiglio di Stato.

Con la sentenza n.2798/2024, pubblicata il 22 marzo scorso, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello in riforma dell’impugnata sentenza del T.A.R. Puglia n.552/2023, la quale respingeva il ricorso di alcuni cittadini avverso un’ordinanza dirigenziale del Comune di Bari recante l’ingiunzione a demolire di un intervento edilizio posto in una via del centro storico del capoluogo pugliese.

Nell’ambito del pronunciamento, l’organo di vertice della giustizia amministrativa ha avuto modo di (ri)tornare sulla nozione di <<centro abitato>>, al fine di chiarire la portata applicativa dell’art.31 della Legge Urbanistica fondamentale, il quale richiedeva – nella versione in vigore dal 31.12.1942 al 31.8.1967 – in ogni caso la licenza edilizia per gli interventi da realizzarsi «nei centri abitati», anche se quindi anteriori al 1967 (ferma la previsione del comma 2-bis dell’art. 9-bis del d.P.R. n. 380 del 2001 in punto di stato legittimo di immobili risalenti).

Già nella prima parte del provvedimento viene sottolineato che la “qualificazione del centro abitato può […] pacificamente ricollegarsi a dati fattuali ed empirici[i], ma è nel prosieguo che il medesimo concetto è analizzato in maniera più approfondita.

In generale, il Collegio ha ribadito che la definizione di centro abitato non è rinvenibile in termini univoci, per cui occorre far riferimento a criteri empirici elaborati dalla giurisprudenza[ii].

Al contempo, lo stesso ha sottolineato come attualmente la sola definizione normativa di “centro abitato” sia contenuta nell’art.3 del D.Lgs. n.285/1992, c.d. Codice della Strada, il quale definisce il centro abitato come “un insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine”. Tuttavia, sempre il Consiglio avverte che tale definizione esplica la sua funzione e ha una sua ratio nell’ambito di applicazione delle regole sulla circolazione stradale.

Pertanto, il dato normativo non conforta: la definizione di centro abitato non può che essere individuata, oggi, avendo riguardo alla situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, comunque suscettibile di espansione, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, tenendo però a mente le indicazioni pianificatorie dell’epoca di riferimento e, quindi, effettuando una valutazione “caso per caso”.

Sulla scorta di siffatte considerazioni, secondo il giudice d’appello non è possibile assimilare ciò che, nel lessico comune, fa pensare all’originario nucleo abitato (il c.d. “borgo antico”) alla necessaria perimetrazione di una zona espressamente richiesta dalla legge.

La concettualizzazione della nozione di centro abitato non è fine a sé stessa, si pone a valle di un consolidato filone giurisprudenziale – come riferito, la sentenza in esame cita la sentenza Cons. Stato n.3656/2016, la quale a sua volta richiama Cons. Stato n.5173/2014[iii] – e importa riflessi giuridici in merito alle valutazioni di legittimità degli interventi che le amministrazioni locali sono tenute quotidianamente a compiere.

La questione rileva rispetto a temi fondamentali di natura urbanistica che subordinano l’utilizzo di strumenti d’intervento semplificati (ad es. il ricorso al permesso di costruire, in luogo del ricorso al piano attuativo) a condizione che si tratti di interventi in luoghi abitati ed edificati (o meno).

Del pari, per citare altri esempi di attualità, la Nuova Legge Stadi introduce il concetto di “territorio urbanizzato comunale“. Anche in tal caso, la definizione, applicata nei confini regionali, non appare sovrapponibile con la differente nozione di Tessuto Urbano consolidato (T.U.C.) che viene definito dalla L.R. Lombardia n.12/2005 come “insieme delle parti di territorio su cui è già avvenuta l’edificazione o la trasformazione dei suoli, comprendendo in essi le aree libere intercluse o di completamento”, ma piuttosto pare pertinente la definizione contenuta nella L.R. Lombardia n.31/2014 recante le “Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato”. Tale legge regionale contiene una definizione unitaria di “superficie urbanizzata e urbanizzabile” come “i terreni urbanizzati o in via di urbanizzazione calcolati sommando le parti del territorio su cui è già avvenuta la trasformazione edilizia, urbanistica o territoriale per funzioni antropiche e le parti interessate da previsioni pubbliche o private della stessa natura non ancora attuate”.


[i] Cfr. pag.7 sent. Cons. Stato n.2798/2024.

[ii] Cons. Stato, IV, 19 agosto 2016, n.3656.

[iii] Id., 21 ottobre 2014, n.5173.

A cura di Carola Ragni e Davide Landi

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